Se il premier uscente non dovesse riuscire a ottenere il reincarico, le strade dei partiti di opposizione si separerebbero: Fi e gli altri partiti minori opterebbero per un governo di salute pubblica, Fdi per le elezioni e la Lega si spaccherebbe fra i due fronti
di Barbara Fiammeri

Se il premier uscente non dovesse riuscire a ottenere il reincarico, le strade dei partiti di opposizione si separerebbero: Fi e gli altri partiti minori opterebbero per un governo di salute pubblica, Fdi per le elezioni e la Lega si spaccherebbe fra i due fronti
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Un vertice dopo l’altro per serrare le fila. Per evitare qualche nuova fuga tra i non pochi senatori che sentono traballare il loro scranno e che nell’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia non si trovano a loro agio. I sospetti sono incentrati soprattutto sui cosiddetti “centristi” dell’Udc ma anche sui totiani di Cambiamo! e su quella parte minoritaria ma consistente di forzisti, a partire da Mara Carfagna, che dicono apertamente di non voler «morire sovranisti».
Unità di facciata
Ecco allora la mossa del duo Salvini-Meloni di presentarsi davanti a Sergio Mattarella tutti assieme, un’unica delegazione del centrodestra.Ma è una unità di facciata, destinata a sgretolarsi qualora venerdì 29 gennaio il Capo dello Stato dovesse constatare che non ci sono le condizioni per un reincarico a Giuseppe Conte. A quel punto è assai probabile che al secondo giro di consultazioni, ognuno salirà al Quirinale per conto proprio.
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Obiettivi diversi
Non sarebbe una sorpresa per nessuno. A partire dai diretti interessati i cui obiettivi sono chiaramente diversi. Anzi: opposti. Per Matteo Salvini e Giorgia Meloni la strada maestra sono le elezioni. Ma non è così né per Forza Italia e neppure per i gruppi minori del centrodestra che invece, come ha ripetuto più volte Silvio Berlusconi ma anche Giovanni Toti e i senatori Paolo Romani e Gaetano Quagliariello, o la centrista Paola Binetti e il neo segretario Udc De Poli, ritengono che sia l’ora di un Governo di salute pubblica.
Il gruppo di Forza Italia ribolle
Berlusconi continua a ripetere che la conditio sine qua non resta che questa soluzione sia condivisa dalla coalizione. Ma sono dichirazioni di circostanza. Anche perché l’ex premier ha già faticato a mantenere l’unità dei suoi gruppi parlamentari in questa fase e sa bene che se dovesse scegliere di rimanere attaccato a Salvini e Meloni molti azzurri non lo seguirebbero.
I due terzi dei parlamentari Fi fuori dal Parlamento in caso di urne
La ragione è semplice: almeno due terzi degli attuali 140 tra deputati e senatori di Forza Italia sarebbero destinati, in caso di ritorno alle urne, a restare fuori dal Parlamento non solo perché i sondaggi danno il partito azzurro lontano dal 14% raggiunto nel 2018 ma anche perché nel frattempo è intervenuta la riforma che taglia il numero dei parlamentari. Per tentarlo, per convincere Berlusconi a seguirlo fino in fondo, Salvini ha detto urbi et orbi di essere pronto a sostenere la candidatura dell’ex premier per il Quirinale. Ma di qui alla scelta del successore di Mattarella troppa acqua passerà sotto i ponti.