NEW YORK — Con ogni probabilit Donald Trump torner a parlare ai suoi milioni di supporter entro aprile, almeno su Facebook. Mark Zuckerberg ha, infatti, trasferito a un comitato di esperti di recente costituzione, l’Oversight Board, la decisione sulla questione per lui pi spinosa: se restituire il megafono della rete sociale pi estesa del mondo a un ex presidente che ha violato le sue regole (e messo in pericolo la democrazia americana) diffondendo informazioni false, teorie cospirative e spingendo i suoi fan ad azioni violente. L’aspettativa generale che gli esperti, tra i quali ci sono giuristi liberali, pur giustificando la decisione di staccare la spina presa all’inizio di gennaio, lo considereranno un intervento d’emergenza che non deve avere effetti permanenti per non creare precedenti pericolosi.
Nei giorni scorsi anche politici che certamente non hanno simpatia per Trump — da Angela Merkel al leader dell’opposizione russa Alexei Navalny — hanno criticato la messa al bando dell’ex presidente dalle reti sociali. Chiaro il timore dell’avversario di Putin: Facebook fa sapere di essere gi sottoposta a pressioni del Cremlino, che le chiede di silenziare i supporter di Navalny come ha fatto con The Donald. Trump, lo sappiamo, stato il detonatore di un problema pi ampio: in assenza di regole governative, ha goduto per anni di piena libert non contrastato in alcun modo da Facebook, Twitter e Google-YouTube, che solo di recente hanno cominciato a segnalare i contenuti falsi come controversi arrivando, poi, alla censura totale il 6 gennaio, quando l’America ha sfiorato scenari da guerra civile. Togliendo la parola a Trump, per, le reti sociali hanno ridotto al silenzio il personaggio pi rilevante dell’epoca della comunicazione digitale, cancellando un pezzo di storia americana.
Jack Dorsey, capo di Twitter, pur avendo deciso la messa al bando permanente anche su pressione dei suoi dipendenti, ha riconosciuto che il precedente pericoloso. Zuckerberg ha parlato di meno ma ha agito: dopo aver difeso per anni l’assoluta libert di Facebook, dal 2018 — attaccato sia da destra che da sinistra — aveva cambiato rotta ammettendo che le scelte sui limiti del diritto d’espressione vanno lasciate alla politica. Due anni fa aveva ipotizzato, in attesa di norme, di trasferire le decisioni etiche pi delicate a un comitato di esperti autorevoli e indipendenti. Dopo una lunga gestazione, l’Oversight Board stato costituito qualche mese fa: ha 20 membri, solo 5 dei quali statunitensi. Tra di loro accademici, magistrati, un premio Nobel, un ex premier, scrittori e attivisti per i diritti umani.
Nick Clegg, ex vicepremier britannico nell’era di David Cameron, ora vicepresidente di Facebook per gli affari politici, ha spiegato al New York Times che, in assenza di regole, la creazione di un intermediario indipendente , al momento, l’unico modo per evitare che decisioni di rilevante impatto politico siano prese da aziende private. Il Board decider su Trump entro tre mesi. La novit significativa, ma i dubbi sono molti. Non si sa n come questo tribunale stato formato n come operer. Ci sono giudici che gi si sono ricusati per i loro rapporti col partito democratico. Su Trump dovrebbero decidere soprattutto i 5 saggi americani, ma non si sa come fare.
I precedenti (il comitato etico di Google fallito subito dopo la sua costituzione) non fanno ben sperare. E c’ chi teme che col Board si stia cercando di creare un nuovo sistema di governance fuori dalla politica pi che un intervento-tampone in attesa della politica. Ma soprattutto, quanto saranno autonomi e decisivi questi giudici? Zuckerberg ha promesso che su Trump seguir le loro indicazioni, ma il comitato (che sta cercando, pare invano, di intervenire non solo sul contenuto dei messaggi estremi ma anche sui meccanismi che ne moltiplicano la diffusione) solo consultivo: la decisione finale sar sempre di Facebook e Clegg fa gi previsioni sulla sentenza.
25 gennaio 2021 (modifica il 25 gennaio 2021 | 22:17)
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