Conte comunicherà al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi e subito dopo salirà al Colle per rimettere l’incarico. Il Conte bis è arrivato al capolinea. E adesso si apre la fase più rischiosa
di Emilia Patta e Manuela Perrone
Conte comunicherà al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi e subito dopo salirà al Colle per rimettere l’incarico. Il Conte bis è arrivato al capolinea. E adesso si apre la fase più rischiosa
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Alla fine Giuseppe Conte si è deciso al passo che ha sempre voluto evitare: oggi alle 9 comunicherà al Consiglio dei ministri l’intenzione di dimettersi e subito dopo salirà al Colle per rimettere l’incarico. Il Conte bis è arrivato al capolinea. E adesso si apre la fase più rischiosa.
Il premier scommette sulla possibilità di un “ter” che non lo costringa a dipendere dal “sì” di Matteo Renzi. Per tutta la giornata di ieri si è speso personalmente per la trattativa con i centristi, proseguita nella notte con la carta dell’annuncio delle dimissioni calata sul tavolo. D’altronde erano stati proprio loro, attraverso Bruno Tabacci e Paola Binetti, a chiedere al premier garanzie e discontinuità come precondizione per permettere ai “costruttori” di palesarsi. Il pallottoliere di Palazzo Chigi ieri sera registrava cinque-sei senatori azzurri disponibili a entrare nel nuovo gruppo parlamentare che dovrebbe diventare la base della “quarta gamba” (si fanno i nomi tra gli altri di Luigi Vitali, Franco Dal Mas, Anna Carmela Minuto).
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Si guarda inoltre con attenzione ai tre totiani di Cambiamo! – contattati soprattutto da pontieri del Pd – Gaetano Quagliariello, Paolo Romani e Massimo Berutti. Che per il momento, però, stanno alla finestra. Infine c’è l’Udc, il cui simbolo è particolarmente corteggiato per permettere la formazione del gruppo a Palazzo Madama: oltre a Binetti, si confida in Antonio Saccone. Ma è comunque una costruzione in fieri, perché la quadra non è ancora stata trovata e i numeri rimangono risicati. È il motivo per cui dal leader di Italia Viva trapela una certa soddisfazione. «Alla fine abbiamo vinto noi», dice Renzi ai suoi. «È il passaggio che gli avevamo chiesto e che aveva rifiutato di fare». Un modo per confermare la disponibilità a entrare nel nuovo governo senza veti personali, nella convinzione che i senatori renziani si dimostreranno ancora essenziali.
L’urgenza di Conte, d’altra parte, non è più quella di chiudere del tutto la porta a Renzi: se dal Presidente Sergio Mattarella arriverà la richiesta di disegnare una maggioranza solida, a partire da quella del Conte bis e di chiara impronta europeista, il premier non potrà sottrarsi. È in fondo la stessa posizione del Pd, che ieri ha tenuto un consiglio di guerra con tutti i ministri e il segretario. «Siamo con Conte per un nuovo governo chiaramente europeista – ha dichiarato Nicola Zingaretti al termine della riunione – e sostenuto da una base parlamentare ampia, che garantisca credibilità e stabilità». Da Largo del Nazareno ci tengono a sottolineare l’importanza di un coinvolgimento di Iv nel nuovo esecutivo in cui però Renzi non abbia più la golden share e che viene descritto non più come un Conte ter ma come un governo «di salvezza nazionale». Anche lo stato maggiore del M5S, a partire da Luigi Di Maio, si è stretto intorno a Conte. «Siamo la colonna portante di questa legislatura», ha avvisato il reggente Vito Crimi. «Il passaggio per il cosiddetto Conte ter è ormai inevitabile ed è l’unico sbocco di questa crisi scellerata, un passaggio necessario all’allargamento della maggioranza», hanno commentato i capigruppo Davide Crippa ed Ettore Licheri.
Ma da oggi tutte le strade restano aperte. Conte non salirà al Quirinale con una lista dei ministri già pronta, come aveva sperato di poter fare. Sarà dunque nelle consultazioni che prenderà forma il possibile nuovo esecutivo. Consultazioni che non dovrebbero cominciare prima di mercoledì pomeriggio, vista la cerimonia del 27 mattina per la Giornata della memoria. Salta naturalmente il temuto voto in Parlamento sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Uno dei ministri che potrebbero essere “sacrificati” per imprimere alla nuova maggioranza una direzione più garantista, come invocano i moderati dati in arrivo dall’area di Fi.